ANATOMIA DI UN CERVELLO INNAMORATO
clicca sull'immagine per leggere il nostro post su instagram
Rubrica: APPROFONDIMENTI e/o CURIOSITA'
Cosa
succede al nostro organismo quando ci innamoriamo? solitamente quando
vediamo la persona amata sentiamo un forte calore che ci pervade
mente e corpo, tutto questo è dovuto al cosiddetto ormone della
“felicità” ovvero la feniletilamina, che è legata ai centri del
piacere, e che pur essendo sempre presente nel nostro corpo, quando
supera certi livelli risveglia il bisogno di un legame affettivo.
In
questo vortice di emozioni tutte le sensazioni corporee che sentiamo,
come il cuore che scoppia o le mani che sudano, hanno tutte un
corrispettivo ormonale, come anche la sensazione d’eccitazione che
è regolata dalla dopamina. A questo punto, il sistema dopaminergico
è attivo, anzi “iperattivo” come lo sono i centri cerebrali del
piacere.
Come spiegò anche Helen Fisher in un’intervista, “i sentimenti sono come una droga”, infatti sono gli stessi centri che si attivano quando si assumono sostanze stupefacenti;
Come spiegò anche Helen Fisher in un’intervista, “i sentimenti sono come una droga”, infatti sono gli stessi centri che si attivano quando si assumono sostanze stupefacenti;
Ma
se alcune zone si attivano, altrettante invece riducono la loro
attività come nel caso della corteccia prefrontale, centro della
razionalità, per cui si perdono le capacità critiche e ci si
abbandona alla frivolezza che contraddistingue l’amore.
Oltre
alla mancata razionalità e al giudizio critico, diminuisce anche la
serotonina, ormone che si occupa dell’appagamento e della
regolazione dell’umore, e che in questo caso contribuisce a
focalizzare i nostri bisogni sul partner in maniera sempre più
compulsiva, causando un tormento interiore quando non si è accanto a
lui. Quando invece ci rifugiamo di nuovo tra quelle braccia il
cervello rilascia ossitocina che ci da una sensazione di benessere
che agisce sui centri della memoria facendoci dimenticare
momentaneamente tutte le nostre sofferenze patite in sua
assenza.
L’ultima speranza per salvarsi dal pericolo di star inceppando in una relazione senza via d’uscita sarebbe l’amigdala che ha il compito di riconoscere le situazioni di pericolo legate a delle emozioni forti, e di fungere da campanello di allarme affinchè questi pericoli possano essere evitati, purtroppo però in queste condizioni non svolge la sua funzione in modo adeguato, poiché è sovrastata dai ormoni ed emozioni.
L’ultima speranza per salvarsi dal pericolo di star inceppando in una relazione senza via d’uscita sarebbe l’amigdala che ha il compito di riconoscere le situazioni di pericolo legate a delle emozioni forti, e di fungere da campanello di allarme affinchè questi pericoli possano essere evitati, purtroppo però in queste condizioni non svolge la sua funzione in modo adeguato, poiché è sovrastata dai ormoni ed emozioni.
In
queste condizioni infatti, non siamo più capaci di riconoscere i
segnali che avrebbero potuto avvisarci che, forse, quello che è al
nostro fianco non è l’uomo giusto per noi. Ed è qui che siamo
ufficialmente del tutto innamorati, con cuore, cervello e anima. Da
qui in poi che si pone la vera differenza tra un amore puro e sano e
uno malato. Se il nostro amore è sano e il nostro partner è davvero
quello giusto allora, la fase irrazionale e di “eccitazione” da
innamoramento si affievolirà, i circuiti neuronali torneranno ad
occuparsi di noi e solo così torneremo ad essere presenti per noi
stessi. Invece se il nostro partner non è quello giusto, e
rappresenta una figura narcisista ed egocentrica rimarremo nel loop
della dipendenza affettiva, in cui non possiamo fare a meno di lui
quotidianamente per placare le nostre sofferenze.
Cosa
succede invece quando veniamo abbandonati?
Ciò che risulta
curioso quando proviamo un senso di abbandono, è che nel nostro
cervello continua ad attivarsi il sistema dopaminergico della
ricompensa, lo stesso che si attiva nella fase dell'innamoramento.
Quindi attivandosi ancora e ancora il sistema del piacere che
inibisce quello del dolore, sentiamo nuovamente il bisogno
dell’altro, e la minaccia di distacco non fa che alimentare questo
stato. Per sciogliere questo legame il cervello deve convincersi che
la relazione è finita e che non può trattarsi di una rottura
graduale, come non lo è per i tossicodipendenti con la loro droga,
perché se te ne somministri una dose un po’ alla volta, non sei
fuori dalla situazione. Non si può gestire una dipendenza, la si
deve interrompere, in quel caso si potrà cominciare la personale
elaborazione del lutto, che solitamente dura dagli otto mesi a un
anno e mezzo circa. In questo caso a livello ormonale si avrà una
riduzione dei livelli di serotonina e per questo ci si sentirà
tristi e in pericolo. Quindi cosa ha ripreso a funzionare?
l’amigdala! che ci avverte del pericolo di non riuscire a
sopravvivere senza l’amato e di conseguenza dell’imminente
solitudine. A questo punto il cervello riprende le sue normali
funzioni, fino a che il dolore lascerà spazio alla ragione e
all’evidenza che quell’uomo non era come lo avevamo immaginato.
Conoscevate
già la biochimica del nostro cervello innamorato? vi ha incuriosito?
fateci sapere se vi è piaciuto questo articolo e se possono
interessarvene altri sulle neuroscienze e non dimenticate di
condividere il post con i vostri amici!
Seguiteci su instagram @psico.space
Alla prossima, Cheeers ;)
Commenti
Posta un commento