IL COMPLESSO DI CENERENTOLA

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Rubrica: IL RUOLO DELLA PSICOLOGIA

Perché il complesso di Cenerentola, così definito per la prima volta dalla ricercatrice Colette Dowling, può avere a che fare con la dipendenza affettiva?
La Dowling scrisse “Il complesso di Cenerentola: la segreta paura delle donne di essere indipendenti.” riferendosi a quelle donne che, forse per l’educazione ricevuta, per i dogmi sociali o religiosi, desiderano inconsciamente di trovare un uomo che le salvi, che le faccia sentire protette, che si prenda cura di loro, in poche parole qualcuno che rispecchi il cosiddetto Principe azzurro.
Ecco perchè il libro prende il nome del personaggio della fiaba di Cenerentola, che seppur bella e capace è rinchiusa in una vita triste, costretta a delle mansioni casalinghe in cui l’unica via d’uscita pare essere l’arrivo di qualcuno dall’esterno. E’ come se la fiaba creasse un po’ quell’illusione che prima o poi possa arrivare qualcuno (che non siamo noi) che ci tiri fuori dalle nostre sofferenze, diventando il pilastro portante della nostra esistenza, e se questo non accade, si rimane vittima della propria triste vita.
Così si rimane incastrati in questa incessante attesa di “quel qualcuno” a cui affidare ogni parte di sé. Questo totale abbandono però lascia spazio alla costruzione di una modalità relazionale quasi tossica che influenzerà da lì in poi la creazione di ogni un nuovo legame. Il messaggio che la Dolwing vuole mandare è che questo complesso probabilmente deriva dalla paura, che inconsciamente pervade le donne, di essere indipendenti.
Forse nella società in cui siamo oggi, seppur le donne abbiano vinto tante lotte per la parità dei sessi, per l’uguaglianza sociale, nel lavoro, e nei diversi ambiti che ogni giorno viviamo, questa parità di genere non è ancora radicata realmente nella mente di tutti. Così spesso si cade nel solito cliché che la donna può anche restare a casa ad accudire i figli perchè ci sarà l’uomo che si occuperà di tutto il resto.
Allora a volte si comincia a credere che sia davvero così, si cade nella convinzione che le donne non siano abbastanza, che sono quello che sono solo in relazione all’uomo che scelgono e che si ritrovano accanto.
Ma non sempre l’uomo che hanno accanto rispecchia quell’immagine salvifica a cui le donne vorrebbero affidarsi, anzi, l’insicurezza mostrata dalla donna, il suo bisogno smodato di avere attenzioni e cure potrebbero diventare motivo di bersaglio per gli uomini con una tendenza narcisistica.
Questi potrebbero approfittare dell’insicurezza della partner per accrescere il proprio ego; credersi salvatori di una vita che non è la propria per alimentare la propria autostima, il proprio valore, riuscendo così ad avere tutto il potere per manipolarla e provocando nella maggior parte dei casi una relazione di love addiction.
Ciò che un po’ tutti dovremmo imparare è che siamo abbastanza, che non esiste altra persona all’infuori di noi che possa sostituirci, salvarci.
E questo non significa che l’amore non esiste, o che non possiamo abbandonarci a delle braccia che non siano nostre, ma che nel farlo non dobbiamo dimenticarci di noi.
Perchè l’amore è rispetto, è reciproco sostegno, è valorizzazione delle risorse individuali che condivise diventano bene comune.

Conoscevate già questa sindrome? ma soprattutto conoscete qualcuno sempre in attesa del suo principe azzurro? o perchè no della sua principessa azzurra? Scrivetecelo nei commenti o in direct se vi va, condividete il post con i vostri amici.
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Alla prossima, Cheeers ;)





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